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Nella percezione del consumatore finale il caffè ha ancora uno scopo prevalentemente funzionale o sociale. La tazza che contiene la bevanda con quel colore intenso e molto aromatica viene per la maggior parte dei casi bevuta per svegliarsi.  Altre volte la pausa caffè da gustare al tavolo di un bar serve a rompere la routine quotidiana. Spesso non si pone l’attenzione alla miriade di sfumature di aromi e sapori unici e tipici del caffè, caratteristiche ideali per l’abbinamento caffè e cibo, proprio come il vino.

E se il caffè fosse servito con un dolce, per la maggior parte dei casi, il gioco è fatto. Le combinazioni e le varianti però sono davvero infinite, ed è fondamentale la conoscenza della materia prima che si va a utilizzare.

Le sue origini sono attribuite all’Etiopia, nella regione abissina di Kaffa. Da quelle terre, attorno al 1300 gli etiopi portarono il caffè nello Yemen, durante le loro campagne militari e trovarono il terreno perfetto per la sua crescita. Da qui, passando per il Mar Rosso, giunse alla Mecca, dove già nel XV secolo sorsero luoghi di degustazione in cui la gente si riuniva appositamente per berlo. La diffusione della bevanda nera fu aiutata dalla religione islamica, che proibiva di bere vino, e l’espansione dell’impero Ottomano lo portarono fino alle porte di Vienna. Nel XVII secolo il vino d’Arabia conquistò l’intera Europa, diventando un bene di consumo facilmente reperibile, superando i pregiudizi che lo accompagnarono per secoli definendolo bevanda del diavolo. Nacquero così i primi caffè letterari, luoghi dove artisti, poeti, scrittori e politici si incontravano degustando la bevanda.

Dal Brasile, fino all’estremo Oriente, passando per l’Africa, il caffè ha un’enorme produzione. Il terreno, l’altitudine, le piogge e l’escursione termica permettono la coltivazione di due specie principiali: la Robusta e l’Arabica. La prima, che cresce fino agli 800 metri, è caratterizzata da note amarognole, speziate e cioccolatose, la seconda, con massima resa fino a 2200 metri, è riconoscibile grazie ai sentori floreali e fruttati con aromi più delicati e aciduli. Anche il metodo di lavorazione gioca un ruolo fondamentale sul gusto in tazza. Il modo cioè in cui i chicchi sono estratti dalla drupa, il frutto della pianta del caffè. Il metodo naturale, il più antico al mondo, permette di avere una bevanda con grande corpo e dolcezza in quanto le ciliegie vengono lasciate ad essiccare al sole, e la dolcezza passa dalla polpa al seme. Il metodo lavato, nel quale la polpa è immediatamente eliminata, conferisce acidità citriche più elevate e poco corpo. Il viaggio del caffè verde termina nelle torrefazioni, dove avviene la tostatura.  Una fase molto importante del processo di produzione del caffè, che può sembrare banale, poiché consiste nella semplice cottura dei chicchi crudi. In realtà, occorre conoscere il punto di tostatura ideale per ogni varietà di caffè, per garantire che il profilo aromatico resti intatto. Una cottura prolungata porterebbe in tazza sentori di bruciato, al contrario si evidenzierebbero note troppo acide. E le reazioni di Maillard e caramellizzazione degli zuccheri fanno il resto.

Per concludere il ruolo del barista gioca un ruolo fondamentale. L’espresso è uno status symbol in Italia, la cui preparazione porta molta corposità, aroma, gusto e persistenza. Contiene molti olii di caffè e altrettanti residui solidi. Nel resto del mondo al contrario si stanno sempre più diffondendo altri metodi di preparazione, come il caffè filtro. L’infusione, la percolazione, la macinatura portano in tazza note delicate, profumi floreali e poco corpo.

Dobbiamo quindi considerare il caffè come una bevanda poliedrica e non monodimensionale, capace di distinguersi grazie alle sue qualità, e la sua analisi sensoriale è fondamentale. Un’accurata esamina permetterà di conoscere a fondo la materia prima.

La fase olfattiva garantisce la conoscenza dell’aroma, la fase gustativa si concentra sulle note dolci, acide e amare, e tutto si conclude con la parte tattile, individuando il corpo e l’eventuale astringenza. L’insieme delle tre analisi ci garantisce la conoscenza dei flavour che permetteranno degli abbinamenti mai sperimentati prima. Dolci e caffè si sposano in coerenza, cercando di combinarsi ed esaltarsi a vicenda.

CAFFE’ E CIOCCOLATO

L’abbinamento caffè e cioccolato può essere pura delizia per il palato, in quanto parliamo di elementi molto simili fra di loro. Anche le fave di cacao nella loro lunga filiera sono tostate, e ciò permette lo sviluppo di sapori estremamente complessi. Parliamo di aromi persistenti, floreali, fruttati con note di frutta secca. Ma bisogna porre attenzione all’accostamento dei gusti, dove i sapori non devono essere sovrastati.  I dolci che prevedono l’utilizzo del cioccolato bianco devono prevedere l’utilizzo di un caffè di specie robusta di elevata qualità e tostatura media, con un elemento tattile molto importante, come il Kaapi Royale dell’India.  L’utilizzo di cioccolato fondente è perfetto con arabica con buona acidità, lavorati con metodo lavato e con tostatura chiara. Caffè provenienti soprattutto dall’Africa come Etiopia, Kenya e Rwanda. Il cioccolato al latte si sposa con caffè provenienti dal Sud America come Brasile, Colombia ed Ecuador caratterizzati da una buon equilibrio fra dolcezza e amarezza, gran corpo, lunga persistenza e note che richiamano appunto il cacao.

CAFFE’ E FRUTTA SECCA

La tostatura del caffè sprigiona in tazza meravigliosi aromi di frutta secca, come mandorle, nocciole e soprattutto noci. Molti bar, infatti, propongono nei loro menù, variazioni di caffè aromatizzati con crema di nocciole, mandorle e pistacchio. È immediato quindi l’abbinamento fra la bevanda nera e tutta la pasticceria che contenga frutta secca e altrettanto valida può essere la  manipolazione del caffè per ottenere creme o gelati da accompagnare a torte secche.

CAFFE’ E FRUTTA

Uscendo dai classici canoni di abbinamento si può pensare alla frutta fresca. Questa incredibile combinazione tra frutta è caffè può dare origine a legami perfetti, dei veri e propri viaggi nel gusto con ingredienti che si valorizzano a vicenda. Tutta la frutta rossa, contraddistinta da profumi intensi, gradevole acidità e sapori unici e tipici si possono benissimo legare a caffè arabica di qualità. Lamponi, more, mirtilli, fragole possono essere lavorati in pasticceria per ottenere dolci incredibili che richiamano le note uniche e tipiche dei caffè tostati chiari Africani o Panamensi.

I sapori dei caffè centroamericani come le arabiche del Salvador, del Costa Rica e dell’Equador sono caratterizzati da sentori di frutta tropicale. Dolci al cocco, ananas, avocado e papaya sono perfetti per deliziare i palati delle persone più esigenti.

ESPRESSO O FILTRO

In ultima analisi è fondamentale prendere in considerazione il tempo di fruizione e i gusti dei dolci. L’espresso, molto veloce nella bevuta ma dai sapori intensi, richiede una pasticceria secca mignon connotata da note che riescano ad accompagnare la carica aromatica del caffè. Inoltre l’espresso è consumato di mattina, spesso legato al latte per creare ottimi cappuccini. In questo caso l’accompagnamento con i classici croissant o dolci a base latte offre degli ottimi risultati. II caffè filtro, chiamato anche da meditazione, si beve seduti al tavolo leggendo un libro. Le sue note tenui, delicate e il poco corpo possono essere accompagnate da torte delicate con buone note dolci.

Un caffè per ogni momento quindi, da abbinare alla vastità di dolci che la pasticceria può offrire. Spesso seguendo le regole ma a volte, perché no, rompendo gli schemi.

A cura di Andrea Villa e Luca Ramoni